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Le illusioni perdute
Guido Cavalcanti nacque a Firenze intorno al 1258 e vi morì nel 1300. Membro di una potente famiglia guelfa, fu molto attivo nella vita pubblica (entrò nel Consiglio generale del Comune) e fu protagonista nella lotta interna tra le fazioni guelfe. Il 10 maggio del 1300, per motivi di ordine pubblico, fu esiliato a Sarzana, dove si ammalò di febbri malariche; richiamato in patria, morì alla fine di agosto. Fu grande amico e interlocutore di Dante, ma i due si allontanarono progressivamente per divergenze intellettuali; sostenne le posizioni più intransigenti della filosofia aristotelica ed espresse le sue profonde conoscenze filosofiche nelle sue liriche.
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chiaritate: luce, luminosità.
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d'umiltà donna: donna ricca di umiltà.
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ver' di lei: al suo confronto.
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ira: malvagia.
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piagenza: bellezza.
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per sua dea: come se fosse la sua dea (Venere).
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira, che fa tremar di chiaritate l’âre e mena seco Amor, sì che parlare null’omo pote, ma ciascun sospira? O Deo, che sembra quando li occhi gira, dical’Amor, ch’i’ nol savria contare: cotanto d’umiltà donna mi pare, ch’ogn’altra ver’di lei i’la chiam’ira. Non si poria contar la sua piagenza, ch’a le’s’inchin’ogni gentil vertute, e la beltate per sua dea la mostra. Non fu sì alta già la mente nostra e non si pose ’n noi tanta salute, che propiamente n’aviàn canoscenza.
Guido Cavalcanti,
Poeti del Duecento, a c. di G. Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960


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